Cosa è la marijuana illegale?

La Marijuana è una pianta erbacea a fusto e fiore che appartiene alla famiglia delle Cannabaceae. Quest’erba si caratterizza per l’elevato contenuto di THC (Tetraidrocannabinolo), ovvero dell’unico cannabinoide in essa contenuto che presenta proprietà psicoattive. Per questa ragione la Mariujana viene considerata dallo Stato Italiano una droga leggera e in quanto tale non è possibile coltivarla.

A conferma di ciò che è stato affermato, il 3 settembre del 2018 il sito “Diritto.it”, fondato da Francesco Brugaletta, ha pubblicato un pezzo che ribadisce senza se e senza ma che “La coltivazione di piante da cui sono estraibili sostanze stupefacenti costituisce reato, in quanto rientra tout court nell’ambito delle condotte di cui al d.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope).

Ciò poiché i reati che puniscono le varie forme di detenzione di sostanze stupefacenti sono di pericolo astratto, sicché, laddove il fatto sia conforme alla fattispecie tipica, ricorre necessariamente l’astratta offensività della condotta”. Pertanto, come ci spiega l’articolo, a fare ulteriore chiarezza su un argomento spinoso è “la Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza 38868 del 24 agosto 2018”, la quale conferma che coltivare Marijuana costituisce fatto illecito.

Cosa si intende per Marijuana legale?

Alla luce di quanto detto è evidente che l’Italia si mantiene su posizioni proibizioniste rispetto al trend degli ultimi tempi, che vede sempre più Paesi liberalizzare la Marijuana a uso ricreativo; non ultimo c’è il caso del Canada. Ciò detto è chiaro che l’unica Cannabis coltivabile in suolo italiano sia la cosiddetta Cannabis Light o Legale, cioè quella con un contenuto di THC compreso tra lo 0,2% e lo 0,5% (tra i brand più affidabili sul mercato, quello di Weedbase è senza ombra di dubbio garanzia di qualità). Detto altrimenti, chi coltiva Marijuana sforando la soglia di tollerabilità normata dalla legge numero 242/2016 viene punito con una pena detentiva che va dai 2 ai 6 anni di carcere.

 

Tuttavia, vantando il Tetraidrocannabinolo (THC) diverse proprietà terapeutiche utili per far fronte a  numerosi disturbi di salute, come per esempio, l’aterosclerosi, alcune forme di cancro, la sclerosi multipla, la fibromialgia e altre, lo Stato Italiano ha legalizzato quella che in gergo viene denominata Cannabis Terapeutica.

Quest’ultima viene prodotta solo ed esclusivamente dallo stabilimento Farmaceutico militare di Firenze. “In Italia – precisa un articolo uscito il 28 maggio 2018 sull’Agenzia di Stampa “Italpress” – la cannabis dal punto di vista medico è legale dal 2007, quando il Ministro della Salute Livia Turco riconobbe con un decreto l’uso terapeutico del cannabinoide delta-9-THC. Nel 2013, il successivo Ministro della Salute Renato Balduzzi estese la legalizzazione del cannabinoide in forma vegetale, quindi anche in Italia furono riconosciuti a scopo medico gli impieghi della pianta di cannabis (parti vegetali, in particolare le infiorescenze della pianta), dei suoi estratti e preparati. Da quell’anno in poi sono nate diverse normative regionali atte a disciplinare l’uso della marijuana a scopo terapeutico con decreti esecutivi nella maggior parte delle regioni d’Italia a partire dal 2015”.

Le grandi differenze tra marijuana legale e illegale:

Inoltre, il 12  luglio del 2018 è uscito sulla Gazzetta Ufficiale un ulteriore aggiornamento in materia. In questa data, infatti, è stato pubblicato il decreto del Ministero della Salute (Ministro Giulia Grillo), dove si legge che la Marijuana Medica può essere prescritta dal medico per qualunque tipologia di dolore, mentre prima veniva prescritta solamente se la patologia del paziente si dimostrava resistente ad altri farmaci.

Nonostante gli effetti benefici del THC siano riconosciuti da una vasta parte della letteratura medica, c’è un’altra fetta del mondo della ricerca che afferma che l’impiego a lungo termine della Marijuana può avere effetti negativi sul cervello. “A confermarlo – si legge in un pezzo di Fabio Di Todaro per “Magazine”, il portale della Fondazione Umberto Veronesi – è uno studio pubblicato su “Proceedings of the National Academy of Sciences”, che ha fotografato per la prima volta le anomalie nelle funzionalità e nella struttura cerebrale dei ‘forti’ consumatori di marijuana. Le anomalie dipenderebbero dall’età del primo utilizzo e dalla durata dell’uso”. Proseguendo nella lettura, l’articolo mette in evidenza che la Marijuana impiegata a scopo ricreativo, soprattutto dal mondo giovanile, necessita di un’analisi seria.

Come ben documenta Di Todaro, a cimentarsi in quest’impresa è stato “Wayne Hall, direttore del centro di ricerca sull’abuso di sostanze nella popolazione giovanile dell’Università del Queensland (Australia), a riassumerle in una review pubblicata su Addiction. Tra  gli effetti acuti segnalati è stato rilevato un più alto rischio di incorrere in incidenti stradali, aggravato dall’eventuale consumo di bevande alcoliche, e una maggiore probabilità per la donna incinta di partorire un neonato con un peso inferiore a quello atteso, più corposo è il dossier riguardante le conseguenze di un consumo abituale: si va dal rischio di sviluppare la dipendenza all’eventualità – più ricorrente in questi ragazzi rispetto a chi non usa cannabis – di voler provare anche altre sostanze illecite”.  Di contro, uno studio del King’s College di Londra afferma a chiare lettere che le droghe leggere non fanno male. Il risultato della ricerca – come precisa un pezzo firmato da Umberto Veronesi per “Magazine” – “indica che non esiste un legame necessario fra uso di droghe leggere e compromissione delle facoltà cognitive a 50 anni”.

 

Il risultato di un argomento così dibattuto è per il cittadino comune un no- risultato, un caos fatto a colpi di studi che contraddicono altri studi. Da una parte il THC sembra avere effetti negativi come la perdita della memoria a breve termine e la schizofrenia, dall’altro – come ben evidenzia il sito “DolceVita online” – “il THC ha anche dimostrato di avere una serie di effetti positivi sulle cellule cerebrali. Considerando che la maggior parte delle droghe ricreative sono neurotossiche, il THC è considerato un ‘neuroprotettore’ e significa che può proteggere le cellule cerebrali dai danni causati ad esempio da infiammazione e stress ossidativo”.

 

Davanti a dati così in antitesi chi chiediamo a chi deve credere il cittadino comune.  L’unica cosa ragionevole da fare è attivare il cervello: fumare Marijuana fa male per via del processo di combustione, ma presumibilmente non fa più male di una sigaretta, peraltro venduta legalmente così come l’alcol, il cui abuso presenta fattori di alto rischio. Forse la chiave di volta, quella che può offrirci seri spunti di riflessione, si trova proprio nel lemma abuso. Come per ogni cosa, anche per la Marijuana è infatti l’uso smodato a creare potenziali problemi.

 

Conslusioni:

In conclusione ci sentiamo di dire che i vantaggi di poter scegliere genetiche legali e coltivate con i migliori metodi , attraverso un procedimento unico e naturale, come quello di weedbase rappresenta un passo in avanti.

Un passo in avanti non solo per la legge, ma un passo in avanti anche per il consumatore che non deve più affidarsi a prodotti con un livello di THC forte e compromettente.

Un passo in avanti per un consumatore che non è più costretto ad assumere prodotti coltivati in piantagioni illegali, con coltivatori mediocri e dove solo l’uso di sostanze chimiche è incontrollato. Per la prima volta in Italia, professionisti ed agronomi di livello internazionale possono fare crescere un prodotto irraggiungibile per qualità e sapore, ottenendo un livello di THC talmente basso da non precludere le funzioni cognitive, nel breve e nel lungo periodo.